Tuo figlio è ossessionato dal tablet? Agisci prima che sia troppo tardi

Quando iniziano a usare lo smartphone i bambini italiani? Se pensate che accada verso le scuole medie, sarete sorpresi.

Secondo un recente studio di Save the Children (2025), più di un bambino su tre tra i 6 e i 10 anni (32,6%) utilizza lo smartphone ogni giorno. Un dato che segna un netto aumento rispetto al 18,4% registrato solo pochi anni fa.

Non si tratta di un fenomeno isolato. L’indagine mostra anche un forte divario territoriale: nel Sud e nelle Isole, l’uso quotidiano dello smartphone tocca il 44,4%, mentre nel Nord si ferma al 23,9% (Save the Children, 2025).

🙇‍♂️Sempre più piccoli, sempre più connessi

Non è solo lo smartphone a essere onnipresente. L’accesso quotidiano a Internet è ormai la norma anche tra i bambini: il 78,3% dei ragazzi tra 11 e 13 anni si collega ogni giorno, soprattutto via cellulare. E la soglia d’età per la presenza sui social media si abbassa in modo allarmante: il 62,3% dei preadolescenti ha già almeno un account attivo, nonostante le piattaforme pongano limiti minimi di età, spesso ignorati.

⚠️ Ma quali sono gli effetti di tutto questo?

Diversi studi internazionali iniziano a far luce sulle conseguenze neurologiche, cognitive e relazionali dell’uso precoce dei dispositivi elettronici.

Secondo una ricerca pubblicata su JAMA Pediatrics e diffusa in Italia dall’Ospedale Bambino Gesù, l’uso prolungato degli schermi nei primi anni di vita è associato a ritardi nello sviluppo del linguaggio e delle abilità sociali e motorie. Questo effetto è misurabile già a 2 anni in bambini esposti quotidianamente agli schermi fin dal primo anno di età (ospedalebambinogesu.it).

Ma non è solo una questione di sviluppo: è anche una questione di relazioni. I bambini che passano oltre 3 ore al giorno davanti allo schermo ascoltano, in media, 1.000 parole in meno al giorno dai propri genitori. È il linguaggio della relazione che viene meno, e con esso la possibilità di una comunicazione profonda e bidirezionale (danielascandurra.com).

🔐 Parental control: pochi lo usano davvero

Uno dei dati più interessanti riguarda il controllo parentale. Strumenti per limitare o monitorare l’uso dei dispositivi da parte dei minori esistono, ma non sono ancora parte della routine familiare di tutti.

Secondo Panda Security, solo il 60% dei genitori italiani ha installato un sistema di parental control. In alcune realtà urbane come Milano, la percentuale sale a quasi il 70%, ma resta un 22% di famiglie che non applicano nessuna limitazione tecnica (pandasecurity.com). Giusto per avere un dato di riferimento al di fuori del nostro Paese, la media europea è dell’81%.

La piattaforma Internet Matters ha documentato una discrepanza ancora più marcata: sebbene il 63% dei genitori sappia che il proprio provider (Google, Apple, Samsung, ecc.) offre strumenti di protezione, solo un terzo li attiva.

Per i social network, la distanza tra conoscenza e azione è ancora maggiore: solo il 19% dei genitori che conosce le funzioni di supervisione su TikTok o Instagram le usa davvero (internetmatters.org).

👪 L’importanza del dialogo

Curiosamente, i genitori che usano strumenti di parental control tendono anche ad avere più dialogo con i propri figli sulla sicurezza online. Il 65% dei bambini con filtri attivi ha parlato recentemente di rischi digitali con i genitori. Dove mancano filtri e strumenti, invece, queste conversazioni si fermano al 26%.

📌 Conclusione: serve educazione, non solo limitazioni

I dispositivi digitali non sono il male. Possono essere strumenti meravigliosi di apprendimento, creatività e socialità. Ma usati troppo presto, troppo spesso e senza guida, rischiano di compromettere lo sviluppo dei nostri bambini.

La tecnologia non si può ignorare, ma si può accompagnare. Serve consapevolezza, serve formazione, servono limiti. E soprattutto, serve tempo passato insieme — senza schermi in mezzo.

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